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STATO LEGITTIMO DEGLI IMMOBILI, BOCCIATA LA LEGGE ‘CANTIERE VELOCE’ DEL VENETO

02 Nov 2022

Con la sentenza 217/2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 7 della L.R .19/2021, legge “Cantiere veloce” del Veneto, cioè della norma nata con l’obiettivo di inserire la variabile tempo nella normativa edilizia e urbanistica.

Stato legittimo degli immobili, la norma illegittima
L’articolo 7 stabilisce che, per gli immobili dotati di certificato di agibilità o abitabilità, in cui sono state realizzate variazioni non essenziali prima del 30 gennaio 1977, appartenenti a soggetti che non sono autori di tali variazioni, lo stato legittimo dell’immobile coincide con l’assetto dell’immobile cui il certificato di agibilità o abitabilità si riferisce. Gli interventi successivi devono invece essere attestati da validi titoli abilitativi.
La Regione ha giustificato questa disposizione sostenendo che, prima dell’entrata in vigore della Legge 10/1977, le variazioni non essenziali erano consentite per prassi dal momento che non erano espressamente disciplinate.
Sempre l’articolo 7 prevede che lo stato legittimo di immobili realizzati in zone esterne ai centri abitati e alle zone di espansione, previste da eventuali piani regolatori in epoca anteriore al 1° settembre 1967, sia attestato dall’assetto dell’edificio realizzato entro il 1° settembre 1967 e adeguatamente documentato. Non assumono efficacia i titoli abilitativi rilasciati in epoca precedente, neanche se attuativi di piani, regolamenti o provvedimenti di carattere generale.
La semplificazione avrebbe facilitato la realizzazione degli agevolati con i bonus edilizi. Ricordiamo infatti che, per evitare la revoca delle detrazioni fiscali, i lavori devono essere eseguiti su edifici senza difformità. Un caso sui generis è rappresentato dal Superbonus, per il quale non è necessario asseverare lo stato legittimo degli immobili, anche se gli eventuali abusi possono comunque essere puniti in un momento successivo.

Stato legittimo degli immobili, è un principio fondamentale per tutto il territorio nazionale
La norma del Veneto è stata impugnata perché avrebbe prodotto una sanatoria straordinaria degli abusi edilizi e si sarebbe posta in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione e le competenze legislative in materia di governo del territorio.
La Corte ha sottolineato che, in base al testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001), lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio.
La Corte ha aggiunto che, per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato.
La normativa statale, ha spiegato la Corte, individua la documentazione idonea ad attestare lo stato legittimo dell’immobile per semplificare l’azione amministrativa nel settore edilizio e agevolare i controlli pubblici.
Questo significa, si legge nella sentenza, che i criteri di determinazione dello stato legittimo dell’immobile rappresentino un principio fondamentale della materia, che richiede una disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale.
Al contrario, sostiene la Corte, la legge regionale associa lo stato legittimo dell’immobile a un certificato di agibilità o abitabilità, che è ben diverso dal titolo abilitativo edilizio, richiesto dal Testo unico dell’edilizia.
La Corte ha fatto notare che il titolo abilitativo era richiesto sia nel periodo sia per gli interventi presi in considerazione dalla legge regionale. In base alla Legge urbanistica (L.1150/1942), già dal 1° settembre 1967, chiunque intendesse, nell’ambito dell’intero territorio comunale, eseguire nuove costruzioni, ampliare, modificare o demolire quelle esistenti ovvero procedere all’esecuzione di opere di urbanizzazione del terreno, era tenuto a richiedere apposita licenza al sindaco.
In mancanza del titolo edilizio, ha aggiunto la Corte, le variazioni non essenziali sarebbero state considerate come abusi edilizi. Oggi, dopo una serie di modifiche normative, le variazioni non essenziali rientrano nelle difformità parziali, ma sono comunque sanzionate.
L’unico margine di accettabilità delle variazioni non essenziali è rappresentato dalle tolleranze costruttive. Si tratta delle difformità costruttive che, se contenute entro il 2% delle misure previste dal titolo abilitativo, non sono considerate violazioni edilizie.
Sulla base di queste considerazioni, la Corte Costituzionale ha quindi giudicato illegittimo l’articolo 7 della legge regionale del Veneto.

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