Negli ultimi mesi del 2024 sono state approvate 2 leggi chiave – la Legge annuale sulla Concorrenza (L. 193/2024) e la “Legge Startup” (L. 162/2024) – che hanno introdotto cambiamenti significativi nella disciplina delle startup innovative.
Queste riforme mirano da un lato ad ampliare gli incentivi fiscali disponibili, dall’altro a ridefinire requisiti e obblighi per le imprese innovative, rendendo il contesto più favorevole alla crescita ma al contempo più esigente in termini di compliance. In un simile scenario per cogliere i benefici previsti ed evitare rischi di non conformità diventa essenziale per gli imprenditori e investitori comprendere le novità 2025 per Startup e PMI innovative e adeguarsi tempestivamente. Le nuove norme puntano infatti a incoraggiare gli investimenti in tecnologia e innovazione, semplificando e rendendo più trasparenti le procedure di accesso alle agevolazioni, e al tempo stesso estendono tutele e regole per accompagnare le startup verso la fase di scale-up.
Di seguito proponiamo un’analisi dettagliata delle principali novità fiscali introdotte nel 2025 per startup e PMI innovative. L’obiettivo è fornire una panoramica chiara e pratica delle nuove agevolazioni fiscali, dei nuovi requisiti normativi e delle strategie migliori per prepararsi e sfruttare appieno queste opportunità.
Principali novità fiscali per il 2025
Le novità fiscali del 2025 offrono importanti incentivi a sostegno di startup e PMI innovative, sia per chi investe in queste imprese sia per le aziende stesse. In questa sezione esamineremo le misure chiave – dall’esenzione delle plusvalenze alle nuove agevolazioni per investimenti e ricerca – evidenziando come possono tradursi in vantaggi concreti per imprenditori e investitori.
Esenzione delle plusvalenze per investimenti in start-up innovative
Una delle novità più rilevanti riguarda la detassazione delle plusvalenze derivanti dagli investimenti in startup innovative. È finalmente operativa l’esenzione dalle imposte sui capital gain realizzati da persone fisiche tramite la cessione di partecipazioni in startup (e PMI) innovative, misura originariamente prevista nel 2021 ma di fatto attuata solo ora. In altre parole, se un investitore rivende le proprie quote di una startup innovativa traendone un guadagno, quel guadagno può essere esente da tassazione, a patto che siano rispettate determinate condizioni. La principale condizione è il mantenimento dell’investimento per un periodo minimo: occorre detenere le partecipazioni per almeno 3 anni affinché la plusvalenza maturata sia totalmente esentata dalle imposte. Questo beneficio fiscale, valido per le cessioni realizzate fino al 31 dicembre 2025 salvo proroghe, rappresenta un forte incentivo alla capitalizzazione paziente nelle nuove imprese.
Dal punto di vista pratico, l’esenzione delle plusvalenze significa che uscire dall’investimento in una startup innovativa può risultare molto vantaggioso sul piano fiscale, aumentando il rendimento netto per business angel e venture capitalist individuali. Ad esempio, un imprenditore che vende nel 2025 la propria partecipazione in una startup dopo 3 anni di holding period, potrà incassare l’eventuale plusvalore senza pagare IRPEF su tale importo. Va sottolineato che questo regime agevolato si applica tipicamente alle persone fisiche al di fuori dell’esercizio d’impresa (investitori privati) e richiede il rispetto rigoroso delle condizioni previste: se si cede prima dei 3 anni, l’esenzione decade e la plusvalenza torna imponibile secondo le regole ordinarie. È dunque consigliabile pianificare l’exit con attenzione ai requisiti temporali. Per gli investitori istituzionali, sono previste altre misure specifiche (ad esempio fondi pensione e casse possono godere di esenzioni su redditi da venture capital in determinate percentuali ), ma in generale il 2025 segna un traguardo importante nella fiscalità favorevole agli investimenti in equity di startup.
Incentivi fiscali e agevolazioni potenziate per nuove imprese innovative
Oltre alle plusvalenze esentasse, la Legge di Bilancio 2025 e i provvedimenti collegati hanno rafforzato gli incentivi fiscali agli investimenti in startup innovative. In primo luogo, aumenta la detrazione fiscale per chi investe nel capitale di startup innovative in fase iniziale. Alle persone fisiche spetta già una detrazione IRPEF standard del 30% sulle somme investite (fino a 1 milione di euro l’anno), ma con le nuove norme a partire dal 1° gennaio 2025 l’aliquota della detrazione sale al 65% per gli investimenti in startup innovative entro i primi anni di vita, potenziando il cosiddetto regime “de minimis”:. Questo “super-incentivo” consente, in pratica, di recuperare in detrazione fiscale oltre la metà di quanto investito, entro i limiti previsti dagli aiuti de minimis. Si tratta di un incremento significativo rispetto al precedente 50% previsto fino al 2024, segno della volontà di stimolare ulteriormente il finanziamento di nuove imprese ad alto potenziale. Di contro la detrazione del 50% per chi investe in PMI innovative è scaduta definitivamente a fine 2024 e dal 2025 non è più applicabile. Il legislatore ha quindi voluto concentrare il beneficio fiscale sulle startup nelle primissime fasi di sviluppo, dove l’apporto di capitale di rischio è più critico, evitando sovrapposizioni con le PMI innovative.
Queste detrazioni potenziate sono soggette ad alcune condizioni e limitazioni. Ad esempio, l’agevolazione non si applica qualora, a seguito dell’investimento, l’investitore persona fisica detenga una partecipazione superiore al 25% del capitale sociale o dei diritti di voto della startup, oppure quando l’investitore (o società a lui collegata) sia fornitore della startup per oltre il 25% del fatturato. Tali vincoli sono stati introdotti per evitare abusi e concentrazioni anomale di vantaggi fiscali. Nella pratica, chi intende beneficiare della detrazione al 65% dovrà suddividere l’investimento in modo da restare sotto tali soglie, oppure valutare strumenti come i prestiti convertibili che, come chiarito dalla normativa, consentono comunque di maturare la detrazione al momento del versamento a futura capitalizzazione. PMI innovative già costituite, invece, restano soggette a un regime fiscale di favore su altri fronti (ad esempio, esenzione da alcuni oneri burocratici, ecc.) e, rispettando i nuovi requisiti, possono accedere al registro speciale PMI innovative.
Credito d’imposta per investimenti in Ricerca e Sviluppo (R&S)
E’ stato confermato anche per il 2025, con qualche modifica, anche il credito d’imposta Ricerca & Sviluppo. Questo strumento consente alle imprese – incluse startup e PMI innovative – di recuperare una parte delle spese sostenute in progetti di ricerca, sviluppo tecnologico, innovazione e design, sotto forma di credito fiscale utilizzabile in compensazione. La normativa attuale prevede che per il periodo 2023-2031 il credito d’imposta R&S sia riconosciuto in misura pari al 10% delle spese ammissibili, fino a un massimo di 5 milioni di euro annui per impresa. Sebbene l’aliquota sia stata ridotta (era al 20% fino al 2022), la misura è stata prorogata fino al 2031, garantendo così continuità alla pianificazione di investimenti innovativi di medio-lungo termine.
Per startup e PMI innovative questo significa poter contare, anche nel 2025, su un importante supporto nel finanziare attività come sviluppo di nuovi prodotti, prototipazione, ricerca scientifica e miglioramento di processi. Ad esempio, una startup biomedicale che nel 2025 investe 200.000 € in laboratorio e personale R&D potrà ottenere un credito d’imposta di 20.000 € da compensare con imposte e contributi, alleggerendo il cash flow. Rientrano nell’agevolazione, sebbene con aliquote leggermente diverse (5% per innovazione e design in alcuni casi, con massimali più bassi), anche i progetti di innovazione tecnologica legati al paradigma Industria 4.0 e transizione digitale. La Legge di Bilancio 2025 ha inoltre introdotto una misura “premiale” per le imprese che in passato hanno usufruito indebitamente del bonus R&S ma vi hanno rinunciato volontariamente (riversando quanto ottenuto): a queste aziende come sorta di sanatoria incentivante, viene riconosciuto un contributo a fondo perduto calcolato sull’importo restituito. Si tratta di un intervento circoscritto, che però segnala l’attenzione del legislatore a regolare in modo equilibrato l’utilizzo del credito R&S.
In sintesi, il credito d’imposta Ricerca & Sviluppo resterà uno strumento centrale anche nel 2025 per le imprese innovative; un corretto utilizzo del credito R&S può liberare risorse finanziarie da reinvestire nella crescita aziendale, creando un circolo virtuoso tra innovazione e vantaggi fiscali.
Altre agevolazioni fiscali per startup e PMI innovative
Oltre alle misure principali sopra descritte, il 2025 porta con sé anche ulteriori agevolazioni e incentivi mirati. In particolare a partire dal periodo d’imposta 2025 gli incubatori e acceleratori certificati che investono nel capitale di una startup innovativa potranno beneficiare di un credito d’imposta pari all’8% dell’importo investito, fino a un massimo di 500.000 euro annui. Questa misura, introdotta dall’art. 32 della L. 193/2024, mira a coinvolgere maggiormente incubatori, acceleratori e in generale investitori istituzionali nell’ecosistema startup, premiandoli con un ritorno fiscale diretto sul capitale paziente che apportano. Anche in questo caso l’investimento agevolato deve essere mantenuto per almeno 3 anni, pena la decadenza del beneficio e la restituzione con interessi degli importi detratti. Il credito d’imposta per incubatori rientra nel plafond di spesa statale (1,8 milioni di euro annui dal 2025), quindi sarà riconosciuto fino ad esaurimento fondi.
E’ stata inoltre prorogata fino al 2027 l’agevolazione che riconosce un credito d’imposta del 50% sui costi di consulenza e IPO per le PMI che si quotano in borsa, con un massimale di 500.000 euro. Ciò può riguardare anche scale-up innovative mature che puntano al mercato azionario. Inoltre, continuano ad essere operativi: l’esonero dal pagamento dell’imposta di bollo, dei diritti di segreteria e del diritto annuale camerale al momento dell’iscrizione e per i successivi anni di status speciale. Queste esenzioni, sebbene non nuove nel 2025, restano un beneficio concreto in fase di costituzione e avvio. Non da ultimo, sono disponibili vari incentivi industriali o territoriali che includono spesso corsie preferenziali per progetti innovativi (bandi Smart&Start di Invitalia, crediti d’imposta per investimenti al Sud, fondi europei per transizione ecologica, ecc.).
Gli interventi legislativi recenti non solo ridefiniscono che cosa si intende per “startup innovativa”, ma introducono regole nuove sulla durata di questo status speciale, sulla gestione societaria e sulla raccolta di capitali. In questa sezione analizziamo i principali cambiamenti normativi, con un occhio alle implicazioni pratiche per soci e amministratori, nonché per le operazioni di finanziamento come equity crowdfunding e venture capital.
Nuove normative sulle startup innovative: dallo Startup Act allo Scale-Up Act
A dodici anni dall’introduzione del primo “Startup Act” italiano (Decreto Crescita 2.0 del 2012), il legislatore è intervenuto per aggiornare profondamente definizioni e regole delle startup innovative. La Legge Concorrenza 2024 (L. 193/2024) e la Legge “Centemero” sugli incentivi (L. 162/2024) hanno apportato modifiche sostanziali al Decreto-legge 179/2012, delineando di fatto un nuovo regime 2025 per queste imprese.
Una prima novità è l’introduzione esplicita di un requisito dimensionale: per qualificarsi come startup innovativa, l’impresa deve necessariamente rientrare nella categoria delle micro, piccole o medie imprese secondo i parametri UE (raccomandazione 2003/361/CE). Ciò codifica un aspetto prima implicito, garantendo che solo aziende di dimensioni contenute possano accedere allo status speciale. Inoltre, viene chiarito per legge che la startup innovativa non può svolgere come attività prevalente quella di mera consulenza o agenzia: il suo oggetto sociale deve essere esclusivamente o prevalentemente lo sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. In pratica, si vuole evitare che sotto l’etichetta di “startup” operino società di consulenza tradizionale; l’azienda deve avere l’innovazione nel proprio core business, altrimenti perde i benefici. Questo obbligo impone alle startup di mantenere un focus ben definito sullo sviluppo tecnologico e di non “deragliare” verso attività non coerenti, pena la decadenza dallo status speciale.
Un altro intervento cruciale riguarda la durata massima dello status di startup innovativa nel Registro delle Imprese speciale. Finora una startup poteva rimanere “innovativa” per 5 anni dalla costituzione, dopodiché (se ancora attiva) usciva automaticamente dal regime agevolato oppure, se ne aveva i requisiti, transitava nel registro “PMI innovative”. Dal 2025 il periodo base di iscrizione come startup innovativa viene ridotto a 3 anni; tuttavia, è prevista la possibilità di estendere l’agevolazione fino a 5 anni qualora la società soddisfi almeno uno dei requisiti di crescita individuati dalla nuova legge. Tali requisiti includono, ad esempio: un incremento di almeno il 25% delle spese in ricerca e sviluppo, la stipula di un contratto di sperimentazione con una Pubblica Amministrazione, una crescita dei ricavi o dell’occupazione superiore al 50% tra il secondo e il terzo anno, l’ottenimento di un brevetto, oppure il reperimento di nuovi capitali (ad es. attraverso un aumento di capitale con sovrapprezzo o un finanziamento convertendo da investitori qualificati). Il raggiungimento di una sola di queste condizioni entro il terzo anno consente alla startup di prolungare lo status per altri 2 anni, beneficiando quindi per 5 anni complessivi delle agevolazioni riservate.
Ma non è tutto: la normativa disegna anche un vero e proprio percorso di scale-up. Oltre ai 5 anni, sono possibili ulteriori estensioni biennali (due anni aggiuntivi alla volta) per supportare la fase di crescita intensa, fino ad arrivare a un massimo di 9 anni complessivi di permanenza nel regime agevolato. Per ottenere ciascuna estensione extra (oltre il quinto anno) l’impresa deve dimostrare risultati ancora più significativi, come ad esempio: un aumento di capitale a premio da parte di investitori istituzionali (fondi) di importo superiore a 1 milione di euro, oppure il raddoppio annuale dei ricavi da vendita di prodotti/servizi. In sostanza, la legge riconosce che alcune startup possono aver bisogno di più tempo per diventare imprese solide (scale-up) e le premia se continuano a crescere velocemente. Questo nuovo impianto normativo trasforma il vecchio “Startup Act” in una sorta di “Scale-up Act”, concentrando le risorse sulle imprese che mostrano trazione e risultati concreti. Per le startup già iscritte al Registro speciale prima della riforma (cioè al 18 dicembre 2024), sono previste disposizioni transitorie: in base all’anzianità di iscrizione, viene concesso un certo tempo (fino a 12 mesi dalla scadenza del terzo anno per le iscritte da oltre 18 mesi, oppure 6 mesi per quelle più giovani) per adeguarsi ai nuovi requisiti e poter così prolungare lo status. Ogni impresa innovativa farebbe bene a verificare la propria posizione e pianificare per tempo il soddisfacimento di alcuni dei requisiti di estensione, così da non farsi trovare impreparata allo scadere del terzo anno.
Responsabilità dei soci e degli amministratori
L’evoluzione normativa non modifica nella sostanza il principio base secondo cui le startup innovative devono costituirsi in forma di società di capitali (tipicamente SRL, SRLS o SpA). Di conseguenza, la responsabilità dei soci è limitata al capitale sottoscritto, come avviene per qualsiasi società di capitali: i soci non rispondono con il proprio patrimonio personale dei debiti sociali, salvo casi eccezionali di dolo o violazioni gravi. Questo principio incoraggia gli investimenti in startup proprio perché circoscrive il rischio finanziario del socio. Tuttavia, va ricordato che nelle realtà di piccole dimensioni (startup e PMI) spesso i soci di maggioranza coincidono con gli amministratori o comunque influenzano direttamente la gestione. In tali casi per il socio che interviene nelle scelte operative pur senza cariche formali può configurarsi la figura del “amministratore di fatto”, con la conseguenza di un’estensione della responsabilità anche a lui. Inoltre, con l’introduzione del nuovo Codice della Crisi d’Impresa (in vigore dal 2022), gli amministratori di tutte le società – incluse le startup innovative – hanno l’obbligo di monitorare costantemente l’andamento aziendale e rilevare per tempo eventuali segnali di difficoltà, adottando adeguati assetti organizzativi. In caso di gestione imprudente o omissiva che porti al dissesto, gli amministratori possono essere chiamati a rispondere personalmente dei danni verso creditori e soci, ai sensi delle norme civilistiche (artt. 2392 e 2394 c.c. per le SpA, estese alle SRL).
In pratica, i soci non incorrono in responsabilità dirette se non partecipano attivamente alla gestione (possono perdere al massimo il capitale investito), mentre gli amministratori – figure chiave come CEO o consiglieri delegati – devono agire con diligenza e nel rispetto delle leggi, pena azioni di responsabilità. Nelle startup innovative ciò significa, ad esempio, seguire fedelmente quanto dichiarato nel business plan e negli atti societari, utilizzare i fondi raccolti per gli scopi annunciati, mantenere la contabilità in ordine e assicurarsi che la società conservi i requisiti richiesti dalla legge per lo status innovativo. Un amministratore che ometta di depositare nei termini il bilancio, o che distragga risorse ottenute da investitori per fini personali, si espone alle medesime conseguenze previste per qualsiasi società (dalla revoca degli incentivi fino a responsabilità patrimoniale personale o penale nei casi più gravi, come false comunicazioni sociali). Le ultime riforme non hanno introdotto nuove fattispecie di responsabilità specifiche per le startup, ma indirettamente elevano l’asticella delle best practice gestionali: ad esempio, la richiesta di trasparenza finanziaria e di un dettagliato business plan per l’accesso alle agevolazioni implica che gli amministratori debbano dotarsi di strumenti di pianificazione e rendicontazione più strutturati, così da poter rendere conto dell’utilizzo dei capitali raccolti e dei progressi nei progetti innovativi. Anche la maggiore facilità di raccolta fondi (si pensi al crowdfunding) va bilanciata con una governance interna solida, per non incorrere nel disordine gestionale che potrebbe innescare contestazioni da parte di soci o autorità di vigilanza.
In sintesi, essere alla guida di una startup innovativa comporta oggi una duplice responsabilità: da un lato verso il mercato e gli investitori, che confidano nel regime speciale per ottenere ritorni (responsabilità “morale” di esecuzione del progetto imprenditoriale); dall’altro lato verso la legge, che impone standard di correttezza nella conduzione della società. Affidarsi a consulenti legali e contabili esperti può aiutare soci e amministratori a orientarsi in questo contesto e ad adempiere efficacemente a tutti gli obblighi, prevenendo potenziali problemi.